"VIA CRUCIS"

“Via Crucis”, tenutasi a Cardile – Sentiero “Madonna del Carmine” l’8 luglio 2016 ore 20.30

09-Fuga-in-Egitto-Antifonale-1912Introduzione

Questa “Via Crucis” non è una “via crucis” tradizionale.

Questa Via Crucis è specifica per quelle comunità e quelle persone che vivono l’esperienza dolorosa dell’immigrazione e dello stato di rifugiato. Come si è visto, una parte importante delle migrazioni internazionali si verifica dalle regioni più povere del mondo verso i paesi più ricchi, dove ci sono maggiori possibilità di raggiungere un livello di vita dignitoso.  Questo problema si è ingigantito per i problemi connessi alle guerre. La croce portata durante questa “Via crucis” è la croce costruita a Lampedusa da un falegname, Francesco Tuccio, ed è stata realizzata con il legno dei barconi che trasportano i migranti sulle sponde italiane nei loro viaggi della speranza.

Conclusione

Nell’Angelus per la festa della Santa Famiglia, nell’ultima domenica dello scorso dicembre, il Papa invitava i cristiani ad accogliere le migliaia di immigrati che ogni settimana sbarcano sulle nostre coste. “Sulla via dolorosa dell’esilio, in cerca di rifugio in Egitto, Giuseppe, Maria e Gesù sperimentano la condizione drammatica dei profughi, segnata da paura, incertezza, disagi”, riaffermava il Papa, paragonando il dramma dei clandestini, che lasciano la propria terra, alla famiglia di Gesù che ha lasciato la propria casa per sfuggire dalla persecuzione di Erode. “Purtroppo – disse il Pontefice durante l’Angelus – ai nostri giorni, milioni di famiglie possono riconoscersi in questa triste realtà”. “Quasi ogni giorno la televisione e i giornali danno notizie di profughi che fuggono dalla fame, dalla guerra, da altri pericoli gravi, alla ricerca di sicurezza e di una vita dignitosa per sé e per le proprie famiglie”. Secondo papa Francesco, la fuga in Egitto a causa delle minacce di Erode mostrava, appunto, che “Dio è là dove l’uomo è in pericolo, là dove l’uomo soffre, là dove scappa, dove sperimenta il rifiuto e l’abbandono; ma è anche là dove l’uomo sogna, spera di tornare in patria nella libertà, progetta e sceglie per la vita e la dignità sua e dei suoi familiari”.

Come Gesù fu perseguitato dalla mangiatoia alla croce, così i migranti oggi vivono il dramma della persecuzione nei loro paesi. La persecuzione porta il nome di guerra, carestia, fame, disconoscimento della propria fede e delle proprie idee politiche. Nello scenario mondiale, purtroppo, assistiamo al fallimento delle iniziative umanitarie e politiche da parte dell’ONU e delle altre organizzazioni internazionali nel risolvere in maniera diplomatica le crisi internazionali. Sembra che l’arte della diplomazia soccomba di fronte all’ingerenza dei paesi occidentali nelle questioni interne dei popoli dell’area mediorientale, spesse volte per questioni geopolitiche o economiche. La pace non può nascere dal principio degli antichi romani “si vis pacem para bellum” (se vuoi la pace preparati a combattere): la guerra deve essere rifiutata per principio. Non ha senso incidere sulla pietra angolare del palazzo di vetro dell’ONU il passo di Isaia: 2,4 (“Egli farà giustizia fra le nazioni e sgriderà molti popoli. Forgeranno le loro spade in vomeri e le loro lance in falci; una nazione non alzerà più la spada contro un’altra e non insegneranno più la guerra”), quando nella realtà le armi continuano a risuonare nel mondo con la complicità degli organismi internazionali preposti a garantire la pace e la sicurezza internazionale.

Dalla conclusione di questa “via crucis” dedicata al dramma dell’immigrazione vogliamo far partire un messaggio di pace e di accoglienza nei confronti degli immigrati, che sono costretti ad abbandonare le loro terre a causa della guerra, accettando i pericoli e a volte la morte nel momento in cui si mettono in viaggio sui barconi della speranza. Sicuramente nessun profugo intende sradicarsi dalla propria terra per trovare fortuna altrove; gli stati occidentali dovrebbero abbandonare la politica di sfruttamento e di “polizia internazionale” per imporre con la forza una pseudo democrazia nei paesi del Sud del mondo, ma dovrebbero avviare progetti di collaborazione diplomatica per individuare pacificamente un percorso di stabilizzazione delle aree in questione. Ogni popolo ha il diritto di anelare ad una vita pacifica nei propri confini, a godere nella propria patria di diritti sacrosanti come la pace, la salute, la libertà, l’uguaglianza e la fratellanza. In un mondo in cui assistiamo alla sopraffazione del più forte nei confronti del più debole, del ricco nei confronti del povero, l’umanità dovrebbe riunirsi in uno spirito di solidarietà per riequilibrare gli squilibri di un sistema mondiale, che vede da una parte  paesi poveri morire di fame per la denutrizione e paesi ricchi che si ammalano per il troppo benessere, producendo cibo che viene sprecato e che potrebbe sfamare abbondantemente i paesi poveri. Come affermò un noto economista se il ricco non si porrà il problema di aiutare il povero, la fine del ricco sarà segnata e il sistema economico andrà in crisi, sull’esperienza del passo evangelico del povero Lazzaro e del ricco Epulone.

La salvezza del mondo passerà per le vie della solidarietà umana.