LA CAPPELLA DELLA MADONNA DEL CARMINE

Cenni storici

In passato i santuari mariani hanno dato a tanta gente la forza di andare avanti, come le oasi nel deserto, nate ad offrire acqua e ombra. Dietro i quadretti votivi, le candele accese, i ceri votivi ci sono i volti delle persone che lungo i secoli si sono alternate per visitare la Madonna, per chiedere le “grazie”, o meglio per andare alla ricerca della “grazia”, del sorriso che ci fa vivere.
C’è un sorriso all’inizio della nostra vita, quello che ci ha svegliato ad un’esistenza individuale e relazionale, il sorriso della nostra mamma. E poi passiamo tutta la vita alla ricerca di quel sorriso originario, troppo spesso tradito dalla dura realtà dei fatti. Nei nostri santuari è stato mostrato il sorriso di Dio, capace di guarire e di aprire un futuro di speranza.
I santuari cilentani possono continuare a parlare nel presente alla mente e al cuore di tutti. Pieni di ansie e di preoccupazioni, risentiamo dell’asfissia di una società chiusa in sé stessa e talvolta disperata. Rischiamo di esserne sommersi.
Abbiamo urgentemente bisogno di tali luoghi dello spirito, dove ci è offerta la Parola viva: la Buona Novella che Dio ci ama. Avvertiamo il bisogno delle “Sette Sorelle”, che come fiori colorano le colline del Cilento. Lì, direbbe Dostoevskij, ci sentiremo “sempre più puri di cuore…buoni e nobili il più possibile…e ameremo tutto ciò che è bello…in tutte le sue molteplici forme…perché la bellezza salverà il mondo”.

Non si hanno notizie precise sull’anno di fondazione della cappella della Madonna del Carmine di Cardile, anche se è da supporre che la cappella potrebbe avere una sua origine basiliana, in base al fatto che la cappella è stata costruita sul precipizio di una rupe, secondo le costruzioni tipiche dei monaci basiliani, e in base al toponimo “laura”, da cui prende il nome la montagna poco distante. La prima notizia storica sulla cappella viene fornita dalla visita pastorale del 14 gennaio 1736, quando venne visitata dal reverendissimo Giuseppe Valletta. La cappella era stata costruita per devozione dagli abitanti di Cardile fuori l’abitato e prima di essere dedicata alla Madonna del Carmelo era intitolata alle Anime del Purgatorio, in quanto nella cappella, anticamente, vi si seppellivano i morti. Infatti, tale dedica ancora oggi è ricordata da una iscrizione latina che riporta l’invocazione delle anime dei morti che erano lì sepolti, affinché i passanti avessero compassione di loro quando transitavano colà, dal momento che il Signore li aveva chiamati (Miseremini mei, miseremini mei, saltem vos amici mei, quia manus domini me tetigit). Pertanto, agli inizi del ‘700, l’altare delle Anime del Purgatorio venne trasferito all’interno della chiesa parrocchiale di Cardile e la cappella venne consacrata alla Madonna del Carmine. Nella visita pastorale del 1736 si annotava che la cappella non aveva alcun onere di messe durante l’anno, ma aveva soltanto l’onere di celebrare la messa in occasione della festa e di percepire delle entrate dalla questua che veniva fatta tutte le domeniche, di cui era incaricato D. Nicola Pilercio. In quell’epoca era stato costituito un monte frumentario che ammontava ad una somma di circa duecento ducati e che era amministrato dal detto R.D. Nicola Pilercio. In occasione di quella visita pastorale il visitatore ordinò che venisse consegnato l’attivo e che la predetta quantità di grano del monte frumentario venisse data in prestito agli abitanti di Cardile. L’altare era ornato decentemente e possedeva ogni suppellettile necessaria per la celebrazione della messa. La cappella aveva una propria campana e la chiave era custodita dallo stesso R.D. Nicola Pilercio. Nella visita pastorale del 16 marzo 1745 veniva ancora una volta evidenziata la presenza di un monte frumentario e di altri beni che erano amministrati da un procuratore. L’altare era opportunamente ornato e su di esso era collocata l’immagine della Madonna, dipinta su tela e la struttura era coperta da un soffitto a cassettoni di legno. L’11 settembre 1875, mons. Siciliani, accompagnato dal can. Giovanni Speranza, visitò la chiesa di Cardile di cui era parroco don Carmine Rizzo. Il Vescovo ordinò, data la mancanza nel casale di un cimitero che le sepolture venissero predisposte ed eseguite nella cappella di S. Maria del Carmine. Nel 1897, come riportato sull’architrave della porta d’ingresso, la cappella veniva ampliata verso est, considerato che le sue dimensioni erano particolarmente modeste. Attualmente la parte antica e quella nuova è separata da una arcata; sopra l’arcata è visibile un affresco settecentesco che riproduce l’immagine della Madonna del Carmine con le Anime del Purgatorio. Tale affresco, ora visibile all’interno della cappella, era collocato in una nicchia, sopra l’antico ingresso della cappella, prima che venisse ampliata. Tale riparazione comportò ulteriori danni alla struttura a causa della completa sostituzione dei vecchi coppi con meno adeguate tegole del tipo alla marsigliese e, volendo completare l’opera, si realizzò un solaio piano che impediva di godere di tutta l’altezza del piccolo tempio, nascondendo alla vista la copertura di legno. A seguito del terremoto del 23 novembre 1980 si registrò la comparsa di profonde lesioni verticali nella muratura, lesioni che si aggravarono ulteriormente a seguito dell’altro evento sismico del maggio 1990 (così come testimoniato dal verbale redatto a seguito di sopralluogo tenutosi in data 18 giugno 1990 alla presenza del parroco della Chiesa di San Giovanni Battista e dal tecnico comunale di Gioi che accompagnavano l’ing. Luigi Borrelli, funzionario del Provveditorato Regionale delle Opere Pubbliche per la Campania, sezione di Salerno). Ulteriore affronto alla struttura già danneggiata fu arrecato da un fulmine abbattutosi sulla cappella nel dicembre 1995, provocando dei distacchi di intonaco ed ulteriori allargamenti delle lesioni del solaio piano. Nel 2000 le precarie condizioni in cui versava la cappella resero necessari i lavori di restauro, terminati nel 2004 grazie al contributo economico dei cittadini di Cardile, dell’Amministrazione Provinciale di Salerno, del Comune di Gioi, della Comunità Montana “Gelbison & Cervati” e della Diocesi di Vallo della Lucania. Dopo i lavori di restauro, la cappella è strutturata con una sola navata; il tetto, totalmente rifatto, è sorretto da una copertura a capriate in legno. La struttura, che ha una lunghezza di m. 14 ed è larga m. 4, è chiusa da un’unica porta e da tre finestre, di cui due si affacciano sul lato sud e un’altra sulla facciata della cappella. Il pavimento nuovamente rifatto è in cotto antico ed è possibile notare sulla sua superficie, all’altezza dell’altare, una botola in pietra, che veniva aperta anticamente per seppellire i morti, in ottemperanza all’editto di Saint-Cloud del 1804, che vietava, per motivi igienici, la sepoltura dei defunti nell’abitato. Sulla porta d’ingresso è situato un piccolo campanile, da cui pende una campana donata nel 1795 dal barone Siniscalchi, sormontato da una croce in ferro battuto, costruita dal fabbro Carmine Manna. Alle spalle dell’altare è collocata la statua lignea della Madonna; il Bambino che la Madonna ha in braccio non è quello originale, ma è stato rifatto a seguito del furto avvenuto negli anni ottanta.